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19 Aprile 2024
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Dialettando 125 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 125

A Lucera non si dice “È magra da far spavento” ma si dice
– “ASSEMÈGGHJE ‘A MORTE ‘MBERMÈSSE

A Lucera non si dice “Con la macchina ha avuto un frontale con un albero, l’hanno tirato fuori in uno stato pietoso” ma si dice
– “P’A VETAMOBBELE S’È FECCÁTE ‘ND’ÀREVE, L’ÀNNE TRUUATE CÚM’È N’ACCIA ÓME

A Lucera non si dice ” Gode di vantaggi al di là dei suoi effettivi meriti” ma si dice
– “È FIGGHJE D’A GALLINA JÁNGHE

A Lucera non si dice “La sua frenesia infastidisce e provoca malumore fra gli altri ” ma si dice
– “‘ ‘VÁCE TURNE TURNE E VÁCE NGÚLE A PPACIÚRNE

A Lucera non si dice ” Ma perché continui a spostare i mobili?” ma si dice
– “CH’ÀMME FÁTTE L’OTTE SETTÈMBRE?

A Lucera non si dice ” Non gli dare retta, è uno che fa sempre il contrario di quello che dice” ma si dice
– “LASSELE PPÈRDE, QUILLE È NNÁTE A’ SMÈRZE

A Lucera non si dice ” E’ successo tempo fa” ma si dice
– “TÁNNE TÁNNE, QUÁNNE U CIUCCE STÉVE CACÁNNE

A Lucera non si dice “Non drammatizziamo!“ ma si dice
– “CHE MÒ ÀMME MÈTTE U LÚTTE O’ PISCIATÚRE!!

A Lucera non si dice “Si presenta bene, ma non serve a niente “ ma si dice
– “È BBÈLLE MA NN’ABBÁLLE

A Lucera non si dice ” La calunnia si sparge a macchia d’olio “ ma si dice
– “‘NA VÓTE SBALJÁTE, VÁLL’A RRECÓGGHIE, ‘NA CIAMBÁTE DE CANIGGHJE!

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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“Storie da scuola: Un album di ricordi, di fatti, di aneddoti e personaggi”

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