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29 Marzo 2024
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Dialettando 128 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 128

A Lucera non si dice “Quando una donna sculetta, se non è in cerca, considerala diavolo” ma si dice
– “QUÁNNE A’NA FÈMMENE U CÚLE L’ABBÁLLE, SE NN’È PUTTÁNE, DIAVELA FÁLLE

A Lucera non si dice “Deve passare un brutto momento di sofferenza” ma si dice
– “QUILL’ADDA CACÀ I TÚRZE

A Lucera non si dice ” Ignorare per convenienza una situazione scabrosa” ma si dice
– “I CORNE SÒ CÚM’E I DINDE, FÁNNE MÁLE QUÁNNE I MÌTTE MA PO’ CE PÚJE MAGNÀ

A Lucera non si dice “È eccessivamente smagrito, sciupato in viso” ma si dice
– “QUILLE TÉNE L’ÚCCHJE CHE ARRIVÉNE ARRÈTE U CUZZÈTTE

A Lucera non si dice ” Non ti puoi fidare di nessuno nemmeno di te stesso” ma si dice
– “NDE PUJE FEDÀ MÁNGHE D’A CAMMÍSE CHE PURTE NGÚLLE

A Lucera non si dice ” È una cosa risaputa” ma si dice
– “DI CA NO, PÚRE U CIUCCE U SÁPE!

A Lucera non si dice ” Non ha mai partecipato alle spese familiari, adesso si è deciso a contribuire pure lui ” ma si dice
– “FIN’A JÍRE À MAGNÁTE SÈNZA GABBÉLLE, MÒ SE DÁTE O’ PÉDE

A Lucera non si dice “Sta facendo qualcosa di veramente inutile “ ma si dice
– “VÓLE FRÍJE U PÈSSCE CHE L’ACQUE

A Lucera non si dice “L’aiuto che si fa più desiderare è quello dei figli “ ma si dice
– “PÁNE DE MARÍTE PÁNE SAPURÍTE, PÁNE DE FRÁTE PÁNE ABBUSCKÁTE, PÁNE DE FIGGHJE PÁNE A MUZZECHÍLLE

A Lucera non si dice ” Peggio per te che te ne vai! “ ma si dice
– “MÓ TE NE VAJE? SAVEZÌCCHJE NEN NN’ÀJE!

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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“Storie da scuola: Un album di ricordi, di fatti, di aneddoti e personaggi”

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