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19 Aprile 2024
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Dialettando 136 – Modi di dire Lucerini

dialettando 56 modi di dire lucerini
realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 136

A Lucera non si dice “Hai detto un’enorme bugia!” ma si dice
– “ ‘STA PÁLLE E’ GROSSE QUÁNDE OGGE E CRÁJE!

A Lucera non si dice “È una ragazza che si trucca in modo vistoso” ma si dice
– “QUÈLLA UAGLIÓNE TÉNE ‘A FÁCCE CHJÈNE DE CONZ’E RRUSCE

A Lucera non si dice ” Comunque vadano le cose, nessuno ci guadagna “ma si dice
– “ISSE NZ’ARRECCHISSCE E NÚJE NGI’APPEZZENDÍME

A Lucera non si dice “Ne hai combinato di tutti i colori!” ma si dice
– “CHE TE POZZENA BBENEDÍCE CHE L’ACQUE DE CECORIJE!

A Lucera non si dice ” Non la smette più di discutere , lamentandosi ripetutamente di cose passate” ma si dice
– “MADÒ E CHE CATALÍPPE CH’A BBEJÁTE PE CÈRTE SCACÁZZE VÍCCHJE

A Lucera non si dice ” Dopo la morte del marito è rifiorita” ma si dice
– “DA QUÁNN’È MÚRTE ‘U MARÍTE À PEGGHJÁTE STÁTE PAPÁLE

A Lucera non si dice ” Più chiacchiere dici, più danni fai” ma si dice
– “CCHIÙ ÓVE CUCENE, CCHIÙ CUCCHJELE FÁJE

A Lucera non si dice “È una persona dedita all’ozio, senza voglia di far nulla“ ma si dice
– “GUÁRDE U SÓLE QUÁNN’AÈSSCE E ‘A LÚNE QUÁNNE TRÁSE

A Lucera non si dice “ Ora sono rilassato ma fra poco incomincio a fare un lavoro noiosissimo“ ma si dice
– “STÉVE ND’A PÁCE DE L’ÀNGELE E MÒ AGGHJÀ FÀ U PÍLE O’ DIAVELE

A Lucera non si dice ” Apprezza tantissimo la buona tavola ma non ha voglia di lavorare “ma si dice
– “ÉJE BBONA UÁNGE E MÁLE PÉDE, VÁCE TRUUÁNNE SCUSE E MALETÍMBE PE NEN FATEGÀ

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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LA RAGIONERIA il nuovo libro di Lino Montanaro e Lino Zicca

“Storie da scuola: Un album di ricordi, di fatti, di aneddoti e personaggi”

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Le storie raccontate in questo libro, che abbracciano un arco temporale che parte dagli inizi degli anni sessanta e finisce nel 1969, nascono nelle aule della storica scuola di Lucera detta la “ragioneria“. Sono storie che potrebbero essere ambientate in una qualsiasi scuola italiana, perchè raccontano vicende che avvengono particolarmente all’interno di ambienti scolastici. Sono quindi storie senza tempo, che raccontano del periodo più importante della nostra vita, quello in cui si comincia a conoscere il mondo attraverso la mediazione di altre figure. E’ infatti, proprio in questa fase della vita che si fissano i ricordi più belli e si vivono le vicende che un giorno si racconteranno con piacere. E’ il momento in cui nascono le relazioni più importanti, gli amori, le passioni e a volte i rancori. La scuola, intesa come comunità di persone orientate a uno scopo, è la protagonista indiscussa di tutto questo. Nel nostro caso è nelle aule dell‘Istituto Vittorio Emanuele II che accadono alcuni avvenimenti, che abbiamo il piacere di leggere in queste pagine.

 

 

 

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