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19 Aprile 2024
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Dialettando – “A Lucera si dice 30”, anatemi che sono entrati a far parte del linguaggio comune lucerino

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Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

Il lucerino verace conosce certamente gli anatemi che sono entrati a far parte del linguaggio comune e che, spesso, anche i più pesanti e offensivi, sono utilizzati alla leggera senza curarsi dell’effettivo significato della frase. Perché in chi li pronuncia, c’è l’intimo piacere di dire a qualcuno quel che si merita. La considerevole mole di locuzioni e termini usati come anatemi, nati perlopiù in ambienti popolari, fanno riferimento a patologie più o meno gravi che affliggono le persone.

Di seguito se ne riportano solo alcuni esempi:
PUZZE AVÉ NU TOCCHE NGÁPE, A’ LÈNGHE, E’ COSSE, E’MMÁNE = Possa tu avere una paralisi che ti colpisca la testa, la lingua, le gambe, le mani;
• PUZZE AVÉ ‘NA CACARÈLLE, ‘NA SSCIOLETA MALÍGNE = Possa tu avere una diarrea fulminante;
PUZZE AVÉ ‘NA GGOCCE O’ CÓRE = Possa tu avere un infarto;
• PUZZE JETTÀ U SÁNGHE A RROCELE= Possa tu vomitare di sangue;
• CHE PUZZA ÈSSE ACCISE = Che tu possa essere ucciso;
• CHE TE POZZA VENÌ NU NZÚLETE NGÚRPE = Possa tu avere un blocco intestinale;
• CHE TU PUZZA STÈNNE I PÍDE DE SÙBBETE = Possa tu morire all’istante;
• CHE TU PUZZA MAGNÀ E JETTÀ VELÉNE DA NGÁNNE = Possa tu mangiare e vomitare;
• CHE TU PUZZA RUMANÌ ACCIUNGÁTE SÓP’A NU LÍTTE = Possa tu rimanere paralizzato e allettato. A fronte di tanti anatemi negativi, ne esistono alcuni di buon augurio:
• PUZZ’ÈSSE BBENEDITTE = Che tu possa godere del favore del cielo;
• PUZZA CAMBÀ CIND’ANNE = Che tu possa avere una lunga vita;
• PUZZA STÀ BBÙNE = Che tu possa godere sempre di buona salute;
• CHE TU PUZZ’AVÈ SÈMBE ‘NA BBONA SORTE = Che tu sia sempre fortunato;
• CHE TU PUZZA CACÀ DENÁRE = Che tu possa arricchirti.

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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