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26 Aprile 2024
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Dialettando – “A Lucera si dice 41”, modi di dire che hanno una capacità di sintesi eccezionale

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

Ci sono parole del nostro dialetto che unite ad altre formano modi di dire che hanno una capacità di sintesi eccezionale, traducendo e concretizzando concetti che in italiano hanno necessità di una elaborazione più articolata.

Con l’utilizzo del termine “ FACCE “, combinato con altre parole, si formano locuzioni che assumono più significati e che sono la dimostrazione più evidente di quanto sostenuto.

Eccone alcuni esempi:
• FACCE DE CÚRNE = È una persona che non conosce vergogna o timidezza
• FACCE CÚM’A CAVECEMONEJE = Una persona che ha il viso che denota stanchezza oppure una costituzione fisica molto gracile
• FACCE DE MBRUDÈNDE = Una persona priva di ritegno, impudente, insolente, senza pudore
• NEN TÉNE A FACCE ‘MBACCE = È una persona di particolare sfrontatezza
• FACCE DE NÉGA-NÉGHE = È una persona che mente abitudinariamente
• FACCIA MÍJE! = Esclamazione che esprime sentimento di colpa o di umiliante mortificazione per un atto o un comportamento riprovevole
• TÉNE ‘NA FACCIOLLE = È una ragazza di costumi licenziosi, dedita ai facili amori
• TÉNE DOJE FACCE = È una persona che si comporta sempre in modo ambiguo
• FÀ A FACCE BBRÙTTE = Avere uno scatto d’ira per un comportamento che non si approva
• NEN TÉNE FACCE = È una persona vergognosa, priva di faccia tosta
• FACCE DE PREVELÓNE = È una persona che ha la faccia tonda
• FA’ A FACCIA STORTE = Non condividere una decisione, un comportamento
• MENARSE ‘MBACCE = Aggredire qualcuno con le mani
• FÀ A FACCE ROSSCE = Diventare rosso in viso per la vergogna, per timidezza
• FACCE DE CAZZE = È una persona sfacciata, sfrontata, arrogante
• A FÁCCE D’U CÁZZE! = Esclamazione che esprime sorpresa, incredulità, indignazione
• PPÈRDE ‘A FACCE = Quando una persona compromette la propria reputazione, credibilità, dignità. reputazione, prestigio o dignità.

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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