Lucera, nei secoli scorsi, come tanti centri della Puglia, era circondata da mura a protezione dell’abitato. Esse, che si estendevano da Porta Troia fino a Porta San Severo, furono abbattute nei primi del ‘800, su deliberazione dell’amministrazione comunale, per soddisfare le nuove esigenze edilizie della città.
Lungo la cinta muraria vi erano rigogliosi orti; oltre questi si estendeva l’agro coltivato a grano e, in misura più limitata, con altri tipi di colture.
Per evitare, a chi si recava a lavorare in campagna, soprattutto agli ortolani, lunghi giri per entrare e uscire da Lucera, furono creati dei varchi nelle mura stesse, chiamati, “i uaglje” o “pertúse “.
Tra Porta Troia e Porta Foggia esisteva “ U Pertúse de Muresse “, che probabilmente aveva preso il nome dalla via Mores in cui era ubicato; tra Porta Foggia e Porta San Severo esistevano “U Pertúse Ciavúrre “, in Via dell’Olmo, così chiamato perché situato vicino all’abitazione della famiglia Ciaburri e “U Uaglje Pagghjóne “, ubicato in prossimità di Piazza Bruno, tra Vico Spadafora e Via Ramamondi, dopo il civico 17, dove si trovavano vari pagliai, locali predisposti per conservare la paglia, i Pagghjóne. Appellativo, quest’ultimo, che diventò il soprannome della famiglia Colucci, agricoltori e commercianti di paglia, che avevano casa e pagliaio in zona. Il varco era usato anche per le loro attività.
Dopo l’abbattimento delle mura, “i uaglje”, denominati anche pertóne sènza porte “ (portone senza porta), diventarono attraversamenti che conducevano in una corte o in un altro vicolo o strada.
Foto di Pietro Pellegrino