Per i lucerini bere un caffè in compagnia costituiva un vero e proprio piacere, perché bere il caffè non era solo una bevanda energizzante per ritrovare la carica dalla colazione in poi ma si trattava di un vero e proprio rito da condividere con gli altri e da gustare lentamente mentre si facevano “ttacche e ssciugghie” (pettegolezzi), “i pazziarìlle” (ridere insieme), “chjacchjere nnande chjacchjere” (chiacchierare del più e del meno). Bere il caffè da soli, insomma, era sintomo d’isolamento.
Il mattino, ma anche in certe ore della giornata, nelle strade, nelle piazze, nei vicoli lucerini si diffondeva un piacevolissimo profumo di caffè che per essere tale doveva essere un caffè fatto a regola d’arte. Per farlo così si utilizzava la “caffettiera napoletana”, oggi completamente scomparsa dalle nostre case; mentre elementi necessari per la sua riuscita erano “l’acqua”, l’ottima acqua del Sele, e “la miscela del caffè”, ottenuta macinando i chicchi di caffè con “u macenille a mmane”.
Oggi sta lentamente scomparendo anche la più pratica e veloce caffettiera moka, inventata negli anni ’30 e commercializzata dal secondo dopoguerra. Entrambe le caffettiere ora sono sostituite da stilizzate ed eleganti macchine per fare l’espresso con le cialde e le capsule.
Per celebrare il caffè sono stati coniati dei veri e propri detti dialettali: ‘stu cafè sape de pessciate = questo caffè è disgustoso….. u cafè se pigghje ch’i quatte“c” : comede,cazze cúme coce! = una regola d’oro….u cafè c’u sènze = caffè corretto…
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