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30 Aprile 2025
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Copertina Pillole Dialettali

Pillole Dialettali, Personaggi: Tunnìlle Simonetti ( Ggelardènghe )

Un altro pezzo importante nei ricordi della nostra adolescenza, quando a Lucera c’era ancora un amore diffuso per la città.

Tunnìlle Simonetti, soprannominato Ggelardènghe, era un vigile urbano incaricato della vigilanza della Villa Comunale e di altre villette e giardini pubblici cittadini, divenuto famoso per la sua intransigenza nel controllo. Con la sua figura imponente, non faceva un passo a piedi, ma “ “cavalcava” la sua bici color argento, con un cambio da bici da corsa, con i pantaloni bloccati alle caviglie con delle mollette del bucato, perché non finissero tra i raggi della ruota posteriore.

Il suo arrivo faceva tremare i ragazzini (i facève felà), ai quali sequestrava immancabilmente il pallone, mentre per chi si azzardava a cogliere un fiore arrivava sicura la multa: i ragazzini li accompagnava fino a casa loro, dicendo ai genitori: O paghe o se nnò.

Bisogna riconoscere che sotto la sua vigilanza la Villa Comunale era veramente uno splendore, perché nessuno si permetteva di camminare sulle aiuole, le luci funzionavano e le panchine erano integre e nessuno si permetteva di fare atti vandalici.

Il soprannome gli derivò dopo questa disavventura: un giorno si stava recando, per un controllo, presso la villetta di Piazza Tribunale (ammízze Samfrangische). In quel punto la strada è in discesa e il vigile la affrontò ad andatura sostenuta, ma nel tentativo di frenare si accorse che i freni erano rotti. Proseguì la sua corsa, ma pur di fermarsi andò a infilarsi nella porta aperta del Sale e Tabacchi di Cunfalóne, terminando la corsa andando a sbattere contro il bancone. Un cliente impaurito, presente alla scena, si sfogò dicendo: E cche cazze éje! Manghe fosse Ggelardénghe!, riferendosi al primo grande campione del ciclismo italiane Costante Girardengo, che, anni dopo, Francesco De Gregori celebrò con la famosa ballata Il bandito e il campione. Da allora al povero vigile rimase appiccicato il soprannome di Ggelardènghe.

A causa della sua intransigenza, non era sicuramente un personaggio molto amato e, a posteriori, viene quasi spontaneo chiedersi perché svolgeva in quel modo il suo compito. Considerati i tempi, probabilmente credeva molto nel suo lavoro, che riteneva importante, come credeva nell’importanza del rispetto delle regole del vivere civile.

Alcune leggende metropolitane sono a lui sopravvissute, come quella che multò la nipote per aver raccolto un fiore in villa e sua moglie perché i vestiti stesi sulla strada gocciolavano troppo. I ragazzi da lui inseguiti, spesso non si facevano raggiungere perché quando lui con la bicicletta scendeva dal marciapiede, loro lo salivamo e così fino a rifugiarsi nei meandri di San Pasquale, e gli urlavano irrispettosi: pigghje ‘a targhe.

Bisogna dire che quelli erano tempi in cui tra cittadini e vigili esisteva un rapporto di rispetto reciproco e la convivenza era assicurata da persone che avevano piena coscienza delle leggi e delle regole della società lucerina.

Al riguardo come non ricordare tutti gli altri vigili del tempo: Lepore, Cordella, Di Muro, Esposito, Barile, Battista, Ciaburri, Patella, Fasano, De Troia, Cinquia, Sponzilli, e i comandanti De Chiara e De Biase.

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