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11 Giugno 2023
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Dialettando 178 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 178

A Lucera non si dice “Gli inconvenienti di compiacere troppo qualcuno” ma si dice
– “PE FFÀ NU PIACÉRE O’ CUMBÁRE E SSCIÚTE PRÉNE ‘A CUMMÁRE

A Lucera non si dice “È così, la vita continua perché tutti sono più o meno rimpiazzabili“ ma si dice
– “È MÚRTE QUILLE CHE VENNÉVE I MACCATÚRI E CHE MÒ NEN CE SCIUSCIÁME CCHJÙ U NASE?

A Lucera non si dice “Il prurito è il segnale che una ferita sta guarendo” ma si dice
– “QUÁNNE PRODE, SÁNE

A Lucera non si dice “Hai fatto tanta strada per niente “ ma si dice
– “SI JJÚTE FÌN’A NAPULE P’ACCATTÀ NU CÚRLE

A Lucera non si dice ” La questione è stata molto semplificata ” ma si dice
– “SÍME ASSCIÚTE A CCACCANGÚLE!

A Lucera non si dice ” Senza soldi non si ottiene niente “ ma si dice
– “CÚPPE MMÁNE E FFÈSSA NDÈRRE

A Lucera non si dice “Mi sta addosso in modo ossessivo per ottenere qualcosa” ma si dice
– “STÁCE AZZICCA AZZICCHE, CÚME SE VULESSE PEGGHJÁRSE L’ÀNEME

A Lucera non si dice “ Questo vino è molto buono” ma si dice
– “PE ‘STU VÍNE POTE DDÌ ‘A MÈSSE U PREVÉTE

A Lucera non si dice “Per fare quel lavoro non ci vuole tanto ingegno “ ma si dice
– “E CHE CE VÓLE, L’ARTE DE MELÁNE?

A Lucera non si dice “Non ti crucciare più di tanto per la debolezza umana “ ma si dice
– “PINZ’A CAMBÀ, CHE SÍME VÌRME DE TÈRRE

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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