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19 Aprile 2024
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Dialettando 302 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 302

A Lucera non si dice “L’affare si è concluso in maniera positiva “ ma si dice
– “À SQUACCIATE DOJ’ÓVE ND’O PIATTE “ – (Traduzione: Ha rotto due uova nel piatto)

A Lucera non si dice “Si comporta sempre in modo esemplare” ma si dice “
– ‘VOLE JÍ MBARAVÍSE CHE TUTT’I SCARPE “ – (Traduzione: Vuole andare in Paradiso con tutte le scarpe)

A Lucera non si dice “Ha difficoltà a mettere a tacere qualcosa che doveva rimanere segreta” ma si dice
– “VOLE LUUÀ I FAFE MMOCCA A L’URZE” – (Traduzione Vuole togliere le fave in bocca all’orso)

A Lucera non si dice “Ancora una volta siamo costretti ad ascoltare sempre gli stessi discorsi! ” ma si dice
– “A STÈSSE, MAJÈSTRE!” – (Traduzione: Lo stesso “repertorio”, Maestro!)”

A Lucera non si dice “Sono due persone che si odiano e litigano per un nonnulla” ma si dice
– “SÒ DÚJE CHE SE SPARTÈNE U SÙNNE C’U PECÓNE “– (Traduzione: Sono due che si dividono il sonno con il piccone)

A Lucera non si dice “I lutti prima o poi finiscono e i morti si dimenticano” ma si dice
– “SSCIÚTE U FÚME, ‘NZIRRE ‘A PORTE” – (Traduzione: Uscito il fumo, chiudi la porta)

A Lucera non si dice “Non vuole lavorare, ma solo mangiare” ma si dice
–  “VOLE FÀ SCKITTE PAPPE E CUCENÍLLE “ – (Traduzione: Vuoi fare solo pappa e pranzetti)

A Lucera non si dice “È una persona particolarmente favorita dalla buona sorte” ma si dice
– “TÉNE ‘A FERTÚNE APPEZZECATE NGÚLE “ – (Traduzione: Tiene la fortuna attaccata al sedere )

A Lucera non si dice “Si comportano senza equilibrio, senza saper dare il giusto peso alle cose “ ma si dice
– “NU JÚRNE PECCIÚNE, NU JÚRNE SCARAFÚNE”– (Traduzione Un giorno piccioni, un giorno scarafaggi)

A Lucera non si dice “Le cure spesso vanno a chi in effetti non ne ha bisogno” ma si dice
– “CHI TÉNE ‘A FRÉVE E CHI ÀVE ‘A PÉZZA ‘MBOSSE “ – (Traduzione: Chi ha la febbre e chi ha lo straccio bagnato)

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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