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20 Aprile 2024
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Dialettando – “A Lucera si dice 45”, modi di dire legati al meteo e all’agricoltura

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

Il meteo ha sempre avuto nelle vicende e tradizioni contadine lucerine grande rilievo e considerazione. I proverbi relativi sono il frutto di una saggezza popolare che evidenzia lo stretto legame che è sempre esistito tra condizioni meteo e agricoltura e che, in tantissimi casi, si è rivelata corretta anche a livello scientifico.

Eccone alcuni esempi:
• FÀ I CALÈNNE = Le calende dei nostri vecchi contadini era un metodo per prevedere il tempo nella propria zona. Secondo la credenza popolare, il tempo che farà nell’anno successivo rispecchierà esattamente quello che ha fatto nei giorni delle calende: dal 13 dicembre al 24 dicembre e dal 26 dicembre al 6 di gennaio. Pur nella loro non scientificità, sono sopravissute fino ai nostri giorni.
• TÍMBE RUSSCE, ACQUE, VÍNDE O STRUSSCE = Se il tramonto è rosso di sera,ci sarà sicuramente tempo variabile
• N’ACQUE DE MAGGE E DOJE D’ABBRÍLE, NON VALÈNE NU CARRE D’ÓRE E CHI ’U TIRE = In un periodo di crescita come è la primavera, tutte le coltivazioni hanno necessità di acqua, per cui un bel acquazzone porta indubbi benefici
• QUANNE MÉNE ‘A VOREJE ADDA FA MALETÍMPE = La bora è sinonimo di precipitazioni diffuse
• QUANNE TÍRE LEVANDE D’ACQUA NNE VÉNE TANDE = Levante è un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni
• VÍNDE DE TRAMUNDANE CÚME TROVE LASSE = Pur essendo un vento forte, quasi mai la tramontana procura disastri
• ACQUA D’AÙSTE MATURE L’ÚGLJE E U MMÙSTE = La pioggia di agosto è ottima per le viti egli olivi e il raccolto sarà buono
• A TUTT’I SANDE, C’U VRASCÍRE ANNANDE = Il giorno di Tutti i Santi inizia la stagione fredda
• AUANNE NEN CHJÓVE, VAVIJEJE = Quest’anno c’è la siccità, sono cadute solo goccioline
• ‘A VOREJE ASSECCHE, L’AVUTÍNE MBONNE E FAVÚGNE NGRÚGNE = Ogni tipo di vento è portatore di condizioni metereologiche diverse
• ‘A CANNELÓRE, QUANNE U SÓLE SCUMMOGGJE, TANDA NÈVE ACCUMMOGGHJE = Se c’è il sole il 2 febbraio, ci sarà tanta neve
• NATALE SCÚRE, GGRANE SÈNZA MESÚRE = Se a Natale c’è cattivo tempo, il raccolto del grano sarà abbondante
• PALMA ‘MBOSSE, GRÉGNA GROSSE = Domenica delle Palme bagnate, raccolto abbondante
• TIMBE DE VIRNE E CÚLE DE CRIJATURE NEN PÚJ’ÈSSE MAJE SECÚRE = Non ti fidare delle condizioni metereologiche invernali e del sedere dei bambini perché corri il rischio di rimanere bagnato
• ‘A SETTEMANE ÉJA LLISCE SI NEN PISSCE= La settimana inizia bene se non piove il lunedì

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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