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Pillole di Storia, Amarcord delle abitudini dei lucerini di una volta

Nella Lucera di una volta c’erano abitudini che oggi sono scomparse. A volte certe pratiche appaiono inconcepibili ai nostri giorni:
· il pane: era comprato al forno ed avvolto in fogli di carta dal color paglia che, vigente il principio che tutto veniva riciclato, tagliati in quadratini erano utilizzati come carta igienica;

· il latte: era comprato direttamente dagli allevatori che giravano per le strade di Lucera con una bicicletta. Appesi al manubrio stavano dei bidoncini di alluminio contenenti il latte da vendere. Davanti all’uscio di casa li aspettavano le mamme e le nonne con le scodelle da riempire (i zupperèlle), sostituite più tardi dalle bottiglie, per comprare un quinto, un quarto e, quando c’erano i soldi, anche mezzo litro di latte;

· il vino: era venduto nelle cantine, spesso diluito con la gassosa per renderlo gradevole e frizzantino. E per “alleggerire” i vini lucerini, u cacc’e mìtte e u rebbellúte, che avevano un’alta gradazione;

· la pasta: era venduta negli alimentari sfusa. Nel negozio era conservata in grosse casse di legno oppure in scaffali con ripiani aperti se pasta lunga e in cassetti, con il frontespizio di vetro, se pasta corta. La pasta lunga era venduta avvolta in fogli di carta dal caratteristico colore azzurro intenso, detto color “carta di maccheroni”, se si trattava di pasta corta in fogli di carta dal color paglia corta;

· il pesce: era venduto Ammizz’a Chiazze, contenuto in coni fatti di fogli di giornale;
· gli affettati e i formaggi: venivano venduti nelle salumerie e incartati in pacchetti eleganti che sembravano confezioni regalo;

· l’acqua: sgorgava dai rubinetti delle fontane pubbliche, poste in ogni angolo di Lucera, fresca come non mai, croccante, trasparente e dissetante che ti rimetteva al mondo;

· la spesa: veniva fatta Ammizz’a Chiazze, utilizzando la borsa di rete plastificata, che ebbe un grande successo perché resistente, molto spaziosa poiché allungandosi e allargandosi riusciva a contenere molti acquisti alimentari, mentre vuota si poteva tenere in tasca;

· la merenda: pane, úglje e zucchere (pan, olio e zucchero), che, per tanto tempo, è stata la merenda di tante generazioni, dalle nonne ai nipoti, da tempo sparita e sostituita;

· i ciccioli: (i cicúle), erano il risultato della “lardatura” del ragù. Il loro aroma si diffondeva la domenica mattina nei vicoli, nelle strade, nelle piazzette di Lucera. Una volta scartati per la preparazione del ragù, era consuetudine gustarli con una fetta di “cuzzarìlle” della “sckanata” di pane. E le domeniche, in ogni famiglia, si creava la fila per mangiarli;

· i dolcetti: allora erano molto diffusi i ressole, caramelle alla liquirizia, vendute, contenute barattoli in vetro con tappo in alluminio, perlopiù in farmacia, ma anche in atri esercizi commerciali, ‘a laulizije a lègne, bastoncini di liquirizia dal sapore aromatico (radici della pianta della liquirizia) masticati e succhiati, i ggiuggele, caramelle balsamiche gommose, di forma emisferica, alla menta ricoperte di zucchero semolato, u tomm, erano tavolette sottili rettangolari, prodotti dalla Ferrero, di surrogato di cioccolato, impastato di nocciole triturate, incartate con carta bianca e argentata .

Si tratta di un elenco non esaustivo di abitudini che, con il benessere con l’inizio del consumo di massa, non sono state più in uso.

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