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19 Marzo 2024
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Dialettando – “A Lucera si dice 20”, parole che descrivono “U MALAMÈNDE” della situazione

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

Nel dialetto lucerino molte parole e modi di dire vengono utilizzati per identificare “ U MALAMÈNDE”, il “ cattivo “ della situazione. Il tipico personaggio malvagio che ha un comportamento contrario alla legge morale, riprovevole o addirittura pericoloso.

Ecco alcuni esempi:
• A Lucera un gruppo di persone poco raccomandabili, si chiama “ ‘NA MANJÁTE DE FETÍNDE
• A Lucera per indicare chi è un prepotente, ed ha un carattere pronto ad attaccare briga, si dice “ÉJE NU CAMMURÌSTE
• A Lucera per indicare un farabutto della peggior risma, si dice “ NU MALACÁRNE
• A Lucera per indicare una persona che vive fuori della legge, si dice “ NU MALABUÁTTE
• A Lucera per indicare chi, per servilismo, vendetta o dietro compenso economico, denuncia qualcun altro presso un’autorità o un superiore, si dice “ NU SGUARCIÁTE
• A Lucera quando si vuole indicare che qualcuno è sleale e gioca sporco, senza nessuno scrupolo, si dice “ NU FRÈCACUMBÁGNE
• A Lucera quando una persona non paga mai i debiti, si dice “ ÉJE NU TUFAJÚLE
• A Lucera la persona capace di qualsiasi infima azione, un vero mascalzone, si dice “ NU PIZZE DE CHIAVECHE
• A Lucera quando si vuole indicare che una persona è un ladro, si dice “ È NU MANALÈGGE
• A Lucera quando si vuole indicare una persona poco raccomandabile, un individuo non affidabile che conduce una vita interamente dedita ai piaceri della vita, si dice “NU CIACIÁCCHE
• A Lucera quando si vuole indicare chi vive alle spalle degli altri, senza preoccuparsi di nulla , si dice “ MÁGNA PÁNE A TRADEMÈNDE
• A Lucera quando si vuole indicare un farabutto, canaglia, imbroglione, birbante, si dice “ FÉTE DA L’ÓGNE D’I PÍDE
• A Lucera per indicare una persona con una dubbia reputazione, che ne ha combinate di tutti i colori, si dice “ ASSEMÈGGHJE A PITRE BBAJELÁRDE
• A Lucera per indicare una persona che si comporta scorrettamente ed è poco affidabile, si dice “ NU FAVEZE
• A Lucera per indicare una persona di dubbia onestà, di cui è meglio non fidarsi, si dice “ ‘NA BBÈLLASCORZA
• A Lucera per indicare una persona poco sincera, falsa, che finge di mostrasi amica , si dice “ NU FACCESTÚRTE
• A Lucera per indicare una persona viziosa, dissoluta, corrotta, ubriacona, si dice “ NU REBBUSSCIÁTE
• A Lucera, per indicare una persona vagabondo, si dice “ NU ZÌNGHERE
• A Lucera per indicare una persona che compie atti indecenti, si dice “ ÉJE NU PÚRCHE, NU RATTÚSE
• A Lucera per indicare un vero bastardo, si dice “ NU FRACETÓNE

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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