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18 Gennaio 2025
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Dialettando 305 – Modi di dire Lucerini

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 305

A Lucera non si dice “Con il nostro intervento abbiamo solo peggiorato la situazione “ ma si dice
– “SÍME JJÚTE PE RRECCHÌ E ME FATTE DDÌBBETE “ – (Traduzione: Volevamo arricchirci, ma abbiamo fatto debiti )

A Lucera non si dice “Speriamo che questo temporale non faccia danni” ma si dice
– “GGÈSE CRISTE MÍJE, FFÀ CHE CHJÓVE ACQUA NÈTTE “ – (Traduzione: Gesù Cristo mio fai piovere acqua sottile)

A Lucera non si dice “La routine del matrimonio mostra i difetti di lui e di lei” ma si dice
– “DOPPE I CUMBÍTTE AÈSSCENE I DEFÍTTE” – (Traduzione Dopo i confetti escono i difetti)

A Lucera non si dice “È una persona che non perde occasione per intervenire su ogni argomento” ma si dice
– “VOLE MBARÀ O PREVÉTE A DDÌ ‘A MÈSSE” – (Traduzione: Vuole insegnare al prete a dire la messa)

A Lucera non si dice “Si è esagerato nelle portate preparate” ma si dice
– “CH’AMMA SBUTTÀ I BBRUZZÍSE? “– (Traduzione: Dobbiamo sbafare gli abruzzesi?)

A Lucera non si dice “C’è mancanza di onestà nelle relazioni umane” ma si dice
– “NGE STACE NU PALME DE TÈRRA NÈTTE” – (Traduzione Non c’è un palmo di terra pulita)

A Lucera non si dice “Nella vita non si sa mai cosa ti può succedere” ma si dice
– “NN’U SAJE MAJE CHE TE VÉNE DA SÒTTE “ – (Traduzione: Non sai mai che ti viene da sotto)

A Lucera non si dice “Spesso le persone malaticce sono le più longeve” ma si dice
– “‘A QUARTARE NGUARCHJATE NZE ROMBE MAJE “ – (Traduzione: Un’anfora lesionata non si rompe mai)

A Lucera non si dice “Non bisogna mai fidarsi delle apparenze “ ma si dice
– “N’AVÈNNE A CRÈDE A I FEMMÈNE CHE CHIAGNENE E L’UMENE CHE GIURÈNE”– (Traduzione: Non bisogna mai credere alle donne che piangono e agli uomini che giurano)

A Lucera non si dice “Se vuoi che un segreto diventi di dominio pubblico, raccontalo a qualcuno” ma si dice
– “PIGGHJE ‘NA CIAMBATE DE CANIGGHJE E MINELE PE L’ARÍJE “ – (Traduzione: Prendi una manciata di crusca e buttala per aria)

Anni 30, Via San Domenico ang. Via Pitta
Credits Foto: Gerardo Furore

 

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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