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8 Ottobre 2024
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Dialettando 317 – Modi di dire Lucerini

Dialettando | Modi di dire lucerini di Lino Montanaro
realizzazione siti web Lucera

lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 317

A Lucera non si dice “Mi sei completamente indifferente “ ma si dice
– “NDE PPÈNZE MANGHE QUANNE CACHE “ – (Traduzione: Non penso a te neanche quando defeco)

A Lucera non si dice “Guarda che hai scambiato una cosa con un’altra!” ma si dice
– “CHE CIACCÓCCHJE L’AGLJE C’A FÍCHE? “ – (Traduzione: Cosa c’entra l’aglio con il fico?)

A Lucera non si dice “Con alcune categorie di persone è meglio sempre avere a che fare il meno possibile” ma si dice
– “PARINDE, PEZZINDE, VECÍNE E PUTTANE, TÌNELE SÈMBE LUNDANE “ – (Traduzione: Parenti, pezzenti, vicini e puttane, tienili sempre lontani)

A Lucera non si dice “Vive in condizioni di estrema miseria ma si dice
– “PARE NU STRAZZACAPPE “ – (Traduzione: Sembra uno straccione )

A Lucera non si dice “È una persona di bellissimo aspetto” ma si dice
– “PARE A SAMMECHELE, DA FÓRE I PECCATE” – (Traduzione: Sembra San Michele, fuori i peccati)

A Lucera non si dice “Si trova continuamente in uno stato di apprensione, ansia, timore” ma si dice
– “STACE SÈMBE CHE L’ÀNEMA ‘MBRAZZE “– (Traduzione: Sta sempre con l’anima in braccio)

A Lucera non si dice “Dice di star male, ma non gli manca l’appetito” ma si dice
– “SSCILLA ROTTA E UAUACCE SANE” – (Traduzione: Ala rotta e gola sana)

A Lucera non si dice “Troppe concessioni fanno diventare i figli viziosi” ma si dice
– “PAN’E PRESÚTTE FANNE I FIGGHJE BBRÙTTE “ – (Traduzione: Pane e prosciutto fanno i figli brutti)

A Lucera non si dice “Di una persona hanno detto tutto il male possibile” ma si dice
– “SE SÒ MÌSSE A SFELÀ U RESAREJE “ – (Traduzione: Si sono messi a dire il rosario)

A Lucera non si dice “Si è comportato in malafede” ma si dice
– “È JJÚTE PE L’ÓGNA SPACCATE”– (Traduzione: È andato con l’unghia rotta)

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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