“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.
DIALETTANDO 296
A Lucera non si dice “È una casa dove vive troppa gente “ ma si dice
– “PARE ‘A LUCANNE CAP’E CÚLE”– (Traduzione Sembra la locanda dove si dorme a testa e a piedi)
A Lucera non si dice “Non mi va di dargli soddisfazione” ma si dice
– “NGE VOGGHJE DÀ U GUSTE” – (Traduzione: Non gli voglio dare gusto)”
A Lucera non si dice “È una persona pronta ad approfittare di ogni situazione o di ogni ragionamento” ma si dice
– “ ‘NA PÈLLE P’U LITTE E ‘NA LANE P’U MATARAZZE “ – (Traduzione: Una pelle per il letto e una lana per il materasso)
A Lucera non si dice “Con il suo comportamento non ha dimostrato un bel niente” ma si dice
– “À FFATTE ‘A PRUDÈZZE!” – (Traduzione: Ha fatto una prodezza)
A Lucera non si dice “Ha problemi di deambulazione –” ma si dice
– “PARE CHE CAMÍNE ANGÓRE C’U SCAPELATÚRE “– (Traduzione: Sembra che cammini ancora con il girello)
A Lucera non si dice “Ha un aspetto fisico debilitato tale da dare l’impressione che non si regga in piedi” ma si dice
– “QUILL’ÉJE TUTTE CANNEJATE CUM’E I MACCARÚNE! “ – (Traduzione: Quello è tutto fragile come i maccheroni)
A Lucera non si dice “Se ne va bighellonando girando per le case altrui” ma si dice
– “VACE SCKITTE CASERIJANNE “ – (Traduzione: Va solo di casa in casa)
A Lucera non si dice “Non sbriga mai le faccende domestiche” ma si dice
– “TÉNE SÈMBE I SERVIZIJE ATTRASSATE” – (Traduzione: Tiene sempre i lavori di casa in arretrato)
A Lucera non si dice “Non è più aggiornato, non è più adeguato” ma si dice
– “À FFATTE U MÚNNE SÚJE” – (Traduzione Ha fatto il suo mondo)
A Lucera non si dice “Esprimo il mio assoluto dissenso” ma si dice
– “MANGHE P’IDÉGHE “ – (Traduzione: Neanche per idea))
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LINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO
Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.
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Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it
REGOLE DI PRONUNCIA
Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.
1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).
2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).
3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).
4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.
5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).
6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).
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