Nel nostro dialetto è una espressione che deriva dalla contrazione del termine originario “vaffammocche” ed è basilare nella raffinata arte della costruzione dell’invettiva e dell’insulto. Letteralmente si traduce con “in bocca a”, ma con il significato di “accidenti a, maledizione a, mannaggia a”.
Essa viene usata in senso negativo e spregiativo, per sottolineare e accentuare concetti oppure è usata soprattutto con la funzione linguistica di rafforzativo del pensiero. È utilizzata sempre come prefisso ed i suffissi che di volta in volta lo accompagnano sono praticamente infiniti.
Se ne riportano alcuni: quando si vuole coinvolgere i parenti più stretti, noi lucerini diciamo: Mmocche a mammete! (nel cavo orale di tua madre), Mmocche a patete! (tuo padre), Mmocche a sorete! (tua sorella), Mmocche a fratete! (tuo fratello), ecc.
Quando invece si vogliono coinvolgere i defunti diciamo: Mmocche a chi t’è múrte! (nel cavo orale di chi ti è morto), Mmocche a chi t’è stramúrte! (chi ti è morto più volte), Mmocche a chi t’è víve! (senza dimenticare di chi è rimasto in vita).
Se poi si vuole coinvolgere tutti, indistintamente, diciamo: Mmocche a tutt’a razza túje!
“Mmocche a “ ha anche il significato più pittoresco di alludere a presunte capacità “eloquenti” della madre e degli altri parenti dell’interlocutore o, anche, se si vuole rendere più colorita la discussione, con il sottile piacere dell’insulto profondo, si dice “Mmocche a quèlla chiaveche“, seguito da tutto l’elenco predetto.