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26 Aprile 2024
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Dialettando 126 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 126

A Lucera non si dice “Ecco! Ho sperperato tutta la mia ricchezza!” ma si dice
– “POVERE A MMÈ DECÉJE PRESÚTTE QUÁNNE ARREVÁJE A L’ÚSSE

A Lucera non si dice “È una persona che ha gusti difficilissimi” ma si dice
– “QUILL’ÉJE VÚNE CHE TÉNE U STÓMECHEE ‘MBÌTTE

A Lucera non si dice ” In questa casa non c’è mai niente da mangiare ” ma si dice
– “ND’A CÁSE STÁCE SÈMBE ‘A TAVELE CH’I CIÁMBE A L’ÀREJE

A Lucera non si dice “Togliersi una soddisfazione dicendo apertamente ciò che si pensa” ma si dice
– “LUVARÉSE ’A VRÈCCÉLE DA DIND’A SCÁRPE

A Lucera non si dice ” Sono crollato del tutto per una serie di disgrazie” ma si dice
– “ÀGGHJE FÁTTE NU SCATASSCE, SE SÒ ACCUCCHJÁTE SCÚRDE E MALETÌMBE

A Lucera non si dice ” È una persona che non conta niente” ma si dice
– “ÉJE L’ÙTEME BBETTÓNE D’A VRACHÈTTE

A Lucera non si dice ” Sei abbastanza stupido e testardo” ma si dice
– “SI NU BBÈLLE POCHE BÁBBE E NGÁPOTECHE

A Lucera non si dice “ Sto cascando dal sonno! “ ma si dice
– “ MADÒ, È ARREVÁTE PAVELUCCE!

A Lucera non si dice “Stai facendo un lavoro inutile da far schiattare di rabbia “ ma si dice
– “TU SKITTE ‘MBÍLE E SFÍLE, FÁJE SCKATTÀ ‘NGÚRPE

A Lucera non si dice ” Gli è capitato un guaio improvviso, ma lui l’ha fatto diventare una cosa da poco“ ma si dice
– “ ‘L’È CADÚTE ‘NA CAVEDÁRE D’ACQUA VELLÚTE ‘NGÚLLE, MA ISSE L’À VUTÁTE A’ TERETOZZELE

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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“Storie da scuola: Un album di ricordi, di fatti, di aneddoti e personaggi”

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