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9 Settembre 2024
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Dialettando 134 – Modi di dire Lucerini

realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 134

A Lucera non si dice “Per raggiungere un traguardo gli manca sempre qualcosa” ma si dice
– “N’ACCOCCHJE MÁJE DÚJE SÓLDE PE FÀ ‘NA LIRE

A Lucera non si dice “È un discorso ormai chiuso” ma si dice
– “SÓP’A ‘STU TRASCURZE CI’À CANDÁTE U GÁLLE

A Lucera non si dice ” È abituato a volere tutto senza dover fare il minino sforzo per averlo “ma si dice
– “QUILLE È VÚNE CHE VÁCE TRUUÁNNE U CUCCHE FÁTT’E BBÙNE

A Lucera non si dice “Sono a disagio, ma freno la mia rabbia! ” ma si dice
– “E PO’ DÍCE CH’ÉJE MECHÈLE!

A Lucera non si dice ” Non sempre la soluzione è adatta a risolvere il problema” ma si dice
– “U PÚZZE È FÚNNE E ‘A ZÓCHE È CÓRTA

A Lucera non si dice ” Smettila, altrimenti ti scredito pubblicamente” ma si dice
– “E MÈGGHHJE C’A FENISSCE, SENNÒ TE CÁNDE ‘A ZULUFARÈLLE

A Lucera non si dice ” È un gran furbastro, che sa il fatto suo.” ma si dice
– “ ‘QUILL’ÉJE NU STUPPAGLIÚSE, FÍNE FÍNE, DRITTE DRITTE

A Lucera non si dice “Ha conseguito un titolo di studio a colpi di espedienti “ ma si dice
– “S’È PEGGHJÁTE NU PÍZZE DE CÁRTE A BBOTTE DE FRISSCKE E DE PERNÁCCHJE

A Lucera non si dice “Abbiamo la sensazione di aver perso entrambe le cose“ ma si dice
– “A QQUÀ ÀMME PÈRZE SÍCCHJE E PANARÁZZE

A Lucera non si dice ” Tu sei molto trascurato, e non stai prendendo le cose seriamente! “ma si dice
– “TU NDE FFÀ ARREVÀ ‘I CÓSE ‘MBIZZA, ‘MBIZZE, E CHE STÍME JUCÁNNE A’ NNÙZZELE?

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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