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19 Aprile 2024
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Dialettando 147 – Modi di dire Lucerini

spendaccione
realizzazione siti web Lucera

Lino Montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 147

A Lucera non si dice “Si è messo contro tutti e adesso prova solo vergogna” ma si dice
– “A FÁTTE CÚM‘A PIPPE CHE DÁCE ‘U SCKÁFFE O’ TABACCÁRE E MÒ NZÁPE ‘NDO MÈTTE ‘A FÁCCE

A Lucera non si dice “Lo sanno tutti che si è offesa!” ma si dice
– “‘U SÁPE RÉJE MÚNNE CHE SE PEGGHJÁTE CORLE!

A Lucera non si dice ” Oggi è meglio non uscire” ma si dice
– “CHE ‘STU TIMBE SE SDIGNE ‘A UÁLLE

A Lucera non si dice “Il bambino è stato preso dalle convulsioni ed è diventato cianotico” ma si dice
– “O’ CRIIJATÚRE I SÒ VENÚTE I DESSCÈNZE E S’È GNEVELÚTE

A Lucera non si dice ” Tutti i problemi si risolvono sulla mia pelle” ma si dice
– “ ‘VÁCHE SÈMBE JÍE PE TRÚSSCE E ÈSCCE TUTTE SÓP’A L’ÓGNA MÍJE

A Lucera non si dice ” Ha il viso con un pallore innaturale, a causa di continui mal di testa” ma si dice
– “À FÁTTE ‘A FÁCCE ‘A CAVECEMONEJE, PECCHÈ TÈNE SÈMBE NU CHIÚVE ‘NFRONDE

A Lucera non si dice ” Ogni famiglia ha qualcosa da farsi rimproverare!” ma si dice
– “SÓP’A ÓGNE CÁSE CE STÁCE NN’ÍRMECE RÚTTE!

A Lucera non si dice “Quella è sempre in giro“ ma si dice
– “VÁCE PE CHIÁZZE E PE STAZZÚNE, È CÚM’E TURNUSÈLLE DE FOGGE

A Lucera non si dice “Prima era uno spendaccione, adesso è perennemente in difficoltà economica “ ma si dice
– “ÈRE ‘NA MÁNA GRASSCIÓSE, MÒ STÁCE NDÈRRE P’I ROTE

A Lucera non si dice “È un inetto, incapace di portare a termine qualsiasi compito o lavoro“ ma si dice
PÁRE NU DIAVELE BBABBE, NZÁPE FÀ MÁNGHE U “O“ C’U BBUCCHÍRE

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

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