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7 Ottobre 2024
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Dialettando 275 – Modi di dire Lucerini

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lino-montanaro“Dialettando” , la rubrica di Lino Montanaro propone tutti i giovedì proverbi e modi di dire lucerini, tramandati di generazione in generazione, per non dimenticare le origini della nostra amata Lucera.

DIALETTANDO 275

A Lucera non si dice “Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, perché esse nascondono la realtà” ma si dice
– “ ‘NN’È TUTT’ÓRE QUILLE CHE LÚCE “ – (Traduzione: Non è tutto oro quello che luccica)

– A Lucera non si dice “Non è giornata, oggi è irritabile e suscettibile” ma si dice
– “OGGE TÉNE I VEDÈLLE CHE S’ARREVOTENE NGÚRPE! “ – (Traduzione: Oggi ha l’intestino che si contorce)

A Lucera non si dice “Ha una fedina penale non impeccabile” ma si dice
– “TÉNE’A CHENDOTTE MACCHJATE” – (Traduzione: Ha la condotta macchiata)•

A Lucera non si dice “Bisogna essere sempre diffidenti e non far sapere i fatti propri” ma si dice
– “QUILLE CHE TE SAPE, ÉJA QUILLE CHE TE FRÈCHE” – (Traduzione: Chi conosce i fatti tuoi ti fotte)

A Lucera non si dice ” È avvenuto in brevissimo tempo” ma si dice
– “NDA NU DITTE E NU FATTE” – (Traduzione: In un detto e un fatto)

A Lucera non si dice “Ha speso tutto quanto possedeva” si dice
– “NTÉNE ‘NA LIRE MANGHE PE CHIAGNE “ – (Traduzione: : Non ha un soldo neanche per piangere)

A Lucera non si dice “Bisogna limitarsi a fare quello che si sa fare bene” ma si dice
– “OGNEVÚNE ADDA FFÀ L’ARTA SÚJE” – (Traduzione: Ognuno deve fare il suo mestiere)

A Lucera non si dice “Lo hanno assillato, tormentato, perseguitato ” ma si dice
– “L’ANNE MÌSSE ‘NGROCE CÚM’E CRISTE” – Traduzione: (Lo hanno messo in croce come Cristo)

A Lucera non si dice “Liberami della tua intollerante presenza “ ma si dice
– “VATT’A FFÀ NU GGÍRE ABBASSC’I COPPE “ – (Traduzione: Vai a farti un giro giù per le collinette)

A Lucera non si dice “Lo farà nel momento in cui riterrà opportuno” ma si dice
– “QUANNE STACE A CCÒMEDE “ – (Traduzione: Quando gli è comodo)

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COPERTINALINO MONTANARO E LINO ZICCA, ECCO IL NUOVO LIBRO

Ci siamo! Finalmente la tipografia Grafiche Catapano ha finito di stampare il nuovo libro di Lino Montanaro & Lino Zicca: “LUCERA DI UNA VOLTA ” che raccoglie oltre 120 brani di storia sommersa relativi a modi di dire, usanze, credenze, che riguardano pratiche religiose, usanze del ciclo della vita, pratiche e forme di magia, valore e svolgimento di feste religiose e civili, metodi per prevedere il tempo durante tutto l’arco dell’anno, scuola, personaggi, luoghi, giochi ed altro della Lucera di una volta.

Com’è possibile prenotarlo?

Il libro è disponibile presso Libreria Catapano in Viale Dante Alighieri, 1 a Lucera. E’ anche possibile prenotarlo direttamente da questa pagina, inviando un’email a: montanaro.lino@libero.it

 

REGOLE DI PRONUNCIA

Il dialetto lucerino, come del resto ogni dialetto, ha le sue ben precise e non sempre semplici regole di pronuncia. Tutto questo, però, genera inevitabilmente l’esigenza di rispettare queste regole non solo nel parlare, ma anche e soprattutto nello scrivere in dialetto lucerino. Considerato che il fine di questa rubrica è proprio quello di tener vivo e diffondere il nostro dialetto, offrendo così a tutti, lucerini e non, la possibilità di avvicinarvisi e comprenderlo quanto più possibile, si ritiene di fare cosa giusta nel riepilogare brevemente alcune regole semplici ma essenziali di pronuncia, e quindi di scrittura dialettale, suggerite dall’amico Massimiliano Monaco.

1) La vocale “e” senza accento è sempre muta e pertanto non si pronuncia (spandecà), tranne quando funge da congiunzione o particella pronominale (e, che); negli altri casi, ossia quando la si deve pronunciare, essa è infatti sempre accentata (sciulutèzze, ‘a strètte de Ciacianèlle).

2) L’accento grave sulle vocali “à, è, ì, ò, ù” va letto con un suono aperto (àreve, èreve, jìneme, sòrete, basciù), mentre l’accento acuto “á, é, í, ó, ú” è utilizzato per contraddistinguere le moltissime vocali che nella nostra lingua dialettale hanno un suono molto chiuso (‘a cucchiáre, ‘a néve, u rebbullíte, u vóve, síme júte), e che tuttavia non vanno confuse con una e muta (u delóre, u veléne, ‘u sapéve, Lucére).

3) Il trigramma “sck” richiede la pronuncia alla napoletana (‘a sckafaróje, ‘a sckanáte).

4) Per quanto riguarda le consonanti di natura affine “c-g, d-t, p-b, s-z” è stata adottata la grafia più vicina alla pronuncia popolare (Andonije, Cungètte, zumbà) quella, per intenderci, punibile con la matita blu nei compiti in classe.

5) Per rafforzare il suono iniziale di alcuni termini, si rende necessario raddoppiare la consonante iniziale (pe bbèlle vedè, a bbune-a bbune, nn’è cósa túje) o, nel caso di vocale iniziale, accentarla (àcede, ùcchije).

6) Infine, la caduta di una consonante o di una vocale viene sempre indicata da un apostrofo (Antonietta: ‘Ndunètte; l’orologio a pendolo: ‘a ‘llorge; nel vicolo: ‘nda strètte).

[LINO MONTANARO BIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI PRECEDENTI]

 

 

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